
Quando attraversi a nuoto un fiume reale,
imprevedibile e infido, se riesci a raggiungere
l’altra sponda sei una persona diversa
rispetto a quella che è entrata in acqua.
(Joyce Carol Oates)
Il tatuaggio è in coreano, 이십삼, e racconta un sogno diventato realtà.
È un numero, il 23.
Un tatuaggio parla di perdite inconsolabili, di grandi amori, momenti felici. Questo rimarrà per per sempre sul polso destro di una giovane ragazza romana. Sarà a testimoniare come i sogni possano diventare realtà. È questo in fondo che è accaduto il 23 luglio 2019 a Gwangju. una città a sudest della Corea del Nord. Lì dove Simona Quadarella ha conquistato il mondo. È lì perché con il palmo della mano destra lei ha toccato la piastra elettronica all’arrivo. Non lo avrebbe mai dimenticato quel martedì, anche senza tatuaggio. Ma roteare verso destra il braccio, guardare quell’ideogramma, può regalarle fiducia nei momenti difficili, serenità quando sale la pressione.
Era un sogno di quando bambina frequentava la quarta elementare. In un tema aveva scritto che sarebbe diventata una nuotatrice. Brava come Erica, o forse di più. La sorella maggiore è stata campionessa juniores, poi ha cambiato percorso puntando sullo studio. Simona è andata avanti. Argento mondiale e tre ori (400, 800 e 1500 sl) negli Europei appena dello scorso anno a Budapest.

Vive a Ottavia, zona nord ovest di Roma, da quando doveva ancora nascere. La famiglia si è trasferita lì quando mamma Marzia, professoressa di inglese, era incinta di lei.Il papà Carlo, impiegato di banca, è stato sempre innamorato dell’acqua. Portava spesso le bambine al mare, sulla barca o sul gommone. Non voleva che corressero pericoli, bisognava che imparassero a nuotare. Simona a tre mesi era in piscina, quella della Polisportiva Delta alla Borgata Ottavia. A otto anni faceva agonismo al Circolo Canottieri Aniene.
A volte vincere la commuove sino alle lacrime, più spesso le fa apparire sul viso un sorriso pieno. Ricorda la pioggia d’estate che tutto travolge. È dirompente. Ma sotto ci vedi una persona decisa, pronta a lottare per conquistare quello che pensa le appartenga.
L’ha dipinta bene la mamma: gnappet, quando piccolina si lasciava prendere in giro per una statura meno imponente di tutte le compagne di gioco. Per poi diventare veleno nel momento in cui scattava la competizione. Una sorta di Clark Kent/Nembo Kid (Superman nella versione originale), soltanto che lei è donna. Traduco per i meno giovani. Una figliola tranquilla, serena, simpatica in abiti civili. Determinata, al limite della spietatezza quando si tuffa nell’acqua della piscina.

Ha tifosi ovunque, ma è in Borgata che si annidano i fedelissimi. La Curva di Simona. Lei la chiama il Villaggio. È all’interno di quella zona magica che si nascondono sentimenti e amicizie. Tifa Roma, frequentava l’Olimpico prima che la pandemia non ci togliesse la libertà.
Un sogno realizzato, uno infranto. Rio de Janeiro. Si sentiva già ai Giochi, ha sbagliato la gara decisiva ed è rimasta a casa. Tutte le sere prima di addormentarsi per un lungo periodo ha rivisto lo stesso film. Cosa avrebbe fatto in Brasile, come avrebbe condotto la gara, come avrebbe lottato. Non ha avuto l’occasione per concretizzare quello che è rimasto un film di fantasia. Ha pianto, si è disperata. Poi ha capito che doveva reagire. Perché Simona è una che lotta. La tabella di marcia di una nuotatrice non concede grandi libertà. Quella di una fondista ne concede ancora meno.
Sveglia alle 5, due sedute in acqua e altrettante in palestra. Dodici chilometri al giorno. Niente distrazioni, pochi svaghi, doveva trovare anche il tempo per studiare. Al Liceo Scientifico Pasteur prima, alla facoltà di Scienza della Comunicazione (Tecnologia innovativa per la comunicazione digitale) poi.

Una passione per i social, 130.000 followers su Instagram, quasi 34.000 su Facebook. Foto, messaggi, scambio di informazioni.Nel tempo libero, poco, un po’ di televisione. Serie televisive soprattutto. Tra passato recente e presente: Gossip Girl, Peaky Blinders, La Casa di Carta.Ma fuori dall’acqua, amore a parte, la cosa che la fa davvero impazzire è un’altra. La pasta alla gricia. Rigatoni, guanciale, pecorino, parmigiano, vino bianco, acqua di cottura della pasta, olio. Un misto di sapori e profumi, comunque forti. Come sembra essere Simona Quadarella.
La allena Christian Minotti, fondista azzurro bronzo ai Mondiali in vasca corta, due medaglie agli Europei in lunga. Sempre sui 1500 sl. Detto Lo Scuro, per una abbronzatura sempre presente. Bravo tecnicamente, buon psicologo. Guida sicura. Romano e romanista anche lui.
Tutto questo è accaduto prima, poi è arrivata l’Olimpiade di Tokuyo 2020.
Simona ha chiuso terza, dietro Katie Ledecky e l’australiana Ariane Titmus. La ragazza di Washington che vive nel Maryland appartiene a un altro pianeta. Oro sugli 800 sl a Londra 2012 quando aveva solo quindici anni. Vincitrice nei 200, 400, 800 e 4×200 sl a Rio 2016. Quindici successi iridati. Primatista del mondo nei 400, 800 e 1500 sl. Un fenomeno.
Simona ha nuotato avendo davanti agli occhi la possibilità di realizzare un’impresa che prima di partiere sembrava disperata. Mai dire mai. C’è una frase a cui ogni persona determinata, che faccia sport, si aggrappa quando tutto sembra impossibile.È di Nelson Mandela.“Un vincitore è semplicemente un sognatore che non si è mai arreso”.
E in quanto a sogni realizzati, la romana si è dimostrata una specialista. Bronzo e la sfida poteva ricominciare.

Gli Europei di questi giorni si disputano al Foro Italico, meno di 12 chilometri da casa. Se non c’è traffico, in quindici/venti minuti si arriva. E sulle tribune c’è il Villaggio a tifare per lei. Finora non è andata male. Il giorno in cui ha vinto l’oro negli 800 sl, a premiarla c’era Alessia Filippi, la nuotatrice che Simona ha amato più di tutte. Forse perché anche lei romana e romanista? Non credo. Più probabile che fosse una stima nata dalla specialità in acqua. Il fondo strappa l’anima, lascia cicatrici di fatica e a volte neppure il luccichio dell’oro ti regala quell’affetto che meriteresti. Solidarietà dunque.
Simona Quadarella, 23 anni e grande talento, è il presente e il futuro del nostro nuoto. Impariamo ad amarla come merita.