
Luca lo sa. Il pugilato italiano fatica a concedere una seconda occasione. Ed è soprattutto per questo, che arriva alla sfida contro Gamal Yafai con tanti pensieri nella testa. Luca Rigoldi è uno che il cervello lo fa funzionare, ma a forza di farsi domande potrebbe caricare di eccessiva tensione questa difesa europea, la terza della sua giovane carriera.
Luca è carico di preoccupazioni, ma ha anche molte certezze.
La prima è quella di essersi preparato al meglio con il suo maestro di sempre Gino Freo. La seconda è la consapevolezza che affrontare il match come se fosse lo sfidante, è l’approccio giusto da avere. La terza, e chiudo, è che pochi riescono a reggere il suo ritmo durante le dodici riprese del titolo.
L’altro è forte, temibile.
Gamal Yafai ha origini yemenite, un allenatore come Max McCracken e un promoter come Eddie Hearn alle spalle. Tutto questo pesa quando viene messo sulla bilancia di un combattimento che ha grandi possibilità di finire ai punti.
Buona carriera da dilettante, componente della squadra dei British Lionheart nelle World Boxing Series, la boxe come pane quotidiano in famiglia. Pugili il padre e i due fratelli, uno dei quali, Khalid, è stato campione Wba dei supermosca dal 2016 al 2020.
Calmo, riflessivo, non certo spregiudicato nella vita, come lo è sul ring. Eppure lo chiamano The Beast, la bestia. Chissà da dove venga questo soprannome. Buon tecnico, preferisce scambiare a corta distanza. Non ha un ritmo travolgente, ma mi sembra che riesca ad esprimersi alla lunga su ritmi medio alti. Una costanza di rendimento che alla fine paga.
Luca ha la faccia pulita del bravo ragazzo, ogni volta che ci parlo mi sembra di scoprire qualcosa in più. A differenza di tanti, ha una visione completa della vita. Lavoro, sport, relazioni sentimentali, rispetto per gli altri. Si è dato e si dà da fare per aiutare chi ne ha bisogno. Questo nella vita. Nella boxe ha capito che in un mondo come il nostro bisogna essere soggetti attivi, non aspettare che le cose accadano. Si sente, come mi ha ripetuto più volte, un titolare di azienda. Lì dove l’azienda è rappresentata da sé stesso. Ma non si lamenta, preferisce darsi da fare
È orgoglioso di quello che ha raggiunto. Teme di perdere, come è naturale che sia.
“Mi sento come se avessi ceduto il titolo e mi stessero offrendo una seconda possibilità”. Piccona la falle del sistema, ma non si sente vittima. Ha lottato e continua a lottare.
Sarà un confronto duro, difficile. Quando non hai nei pugni il colpo del ko, e Rigoldi purtroppo non ce l’ha, devi sudare ogni singolo minuto dell’incontro, devi andare avanti pugno dopo pugno, ripresa dopo ripresa. Sino alla fine. E sperare che, quando suonerà l’ultimo gong, sia stato tu il migliore. Sia nella realtà delle dodici riprese che nei cartellini dei giudici.
È un titolo europeo che vale molto più di altre cinture di cartone (cit. Luca Rigoldi), che ha un peso specifico importante in un ambiente come quello della boxe italiana dove spesso l’immagine conta più della sostanza. Una sfida da brividi in cui Luca non potrà permettersi il minimo errore. L’altro, Gamal Yafai, è venuto qui accompagnato dalla sua bravura e da Eddie Hearn.

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