HALL OF FAME ITALIA 5. continua
Le storie dei sei personaggi che,
il 26 ottobre a Castrocaro Terme,
entreranno a far parte della Hall of Fame Italia.
Il protagonista di oggi è Francesco Damiani.
A Monaco ’82 l’impresa contro il cubano. Passato professionista, vince il titolo: in Italia solo lui e Carnera sul tetto del mondo nei pesi massimi
di Davide Novelli
Quattro etti, forse mezzo chilo di pasta fumante è lì pronta ad essere divorata. L’esterrefatto silenzioso testimone fatica ad immaginare che quella zuppiera si possa trasferire in pochi minuti nello stomaco del pugile già con le gambe sotto al tavolo dell’Hotel Grifone che ospita l’atleta e il resto della nazionale. Con la mano sinistra stretta su una pagnotta di pane, nessuno scrupolo alla prima forchettata e nessun pentimento sopraggiungerà dopo la scarpetta.
È il vantaggio del peso massimo professionista, del supermassimo da dilettante, e l’invidia del resto delle categorie. L’importante è mantenere velocità, potenza, precisione. Quelle ci sono e sono le caratteristiche distintive di Francesco Damiani da Bagnacavallo, nato il 4 ottobre, sotto il segno “ininfluente” della Bilancia.
È la vigilia dell’Olimpiade di Los Angeles 1984. Francesco è già famoso. Non si è parlato d’altro negli ambienti pugilistici che della vittoria due anni prima contro il leggendario Teofilo Stevenson al Mondiale dilettanti di Monaco. In quel quarto di finale l’italiano doveva essere la vittima sacrificale dell’eroe cubano, che aveva scelto l’affetto dei connazionali alla ricchezza offertagli per sfidare Muhammad Ali. “Sarà una formalità”, aveva annunciato Stevenson alla vigilia del match.
Fuori piove. Al primo gong il romagnolo conquista il centro del ring e inizia a ballare morbido ed elegante come una danzatrice.
Schiva tutto, para, colpisce: gancio sinistro, diretto destro, gancio sinistro. È rapido e replica immediato ad ogni colpo del tre volte olimpionico. Lo sovrasta nelle soluzioni offensive pressandolo senza sosta. Nella seconda ripresa aumenta il ritmo. Il match entra nel vivo. Gli scambi si fanno più serrati e Stevenson è in difficoltà. Nella terza ripresa deve accettare lo scambio continuo e, scosso dall’orgoglio, prova ripetutamente i montanti che il nostro neutralizza accorciando sul corpo avversario.
È il momento dell’ estasi per il romagnolo che colpisce più volte il campione, costretto a legare nel tentativo di arginare la furia combattiva di Damiani che ormai sente il traguardo a un passo. La vittoria è schiacciante: 5 a 0, tutti i giudici lo hanno visto trionfare. Dopo 11 anni di imbattibilità Stevenson è sconfitto. A Francesco la scandalosa giuria della finale negherà un meritato titolo iridato in favore dell’americano Tyrrell Biggs, lo stesso accadrà, sempre contro Biggs, all’Olimpiade. Argento mondiale; argento olimpico e due titoli europei.
Ha raccolto parecchio, Francesco Damiani dilettante, non quanto però avrebbe voluto e meritato. Dopo Los Angeles 1984 passa quindi professionista.
Il 5 gennaio a Perugia debutta contro l’ivoriano Gobe nella serata della prima difesa del titolo europeo dei welter di Gianfranco Rosi. Francesco vince per kot ben figurando in un sottoclou di predestinati come Romolo Casamonica e Maurizio Stecca. Seguito bene dal manager Umberto Branchini e da Elio Ghelfi all’angolo, Francesco cresce, inanella una lunghissima serie di vittorie che lo portano a vincere un primo titolo internazionale Wbc e in seguito a disputare il campionato europeo. Lo svedese Eklund è più alto di Stevenson, ma non è Stevenson. Ad Aosta la superiorità tecnica di Damiani si palesa dal primo istante e alla sesta ripresa un perfetto gancio destro pone fine alla sfida. Il ragazzone romagnolo è campione europeo dei massimi, titolo che difende due volte.
Si schiude a questo punto una chance mondiale con la neonata sigla mondiale Wbo. C’è da assegnare il titolo dei massimi e il contendente è un onesto lavoratore del ring che arriva dal Sud Africa, Johnny Duplooy, con all’attivo 25 incontri, una ventina vinti prima del limite contro avversari non irresistibili. Pugno, comunque, Duplooy lo ha. Damiani però è un grande incassatore; negli anni, sin da quando sedicenne inizio ad allenarsi per dimagrire, Francesco, un poco per i colpi, un poco per somatica, ha l’occhio pendulo. Un taglio a mandorla per il quale viene soprannominato “cinese”.
Simili per statura e impostazione i due iniziano cauti il match mondiale. È scherma di jab, ma il sudafricano mostra ansia agonistica e fa partire due destri che centrano in pieno volto Damiani. Nella seconda ripresa Francesco prende le misure a Duplooy che inizia a boxare con rabbia, mettendola più sul lato fisico che tecnico. È un errore. Damiani è un elefante e il jab è una proboscide saettante che nella terza ripresa apre la strada ad un gancio destro e un gancio sinistro che spedisce al tappeto Johnny Duplooy.
È il 6 maggio 1989: la Wbo ha il suo campione dei massimi. L’Italia, il suo secondo mondiale nella categoria dopo Carnera. Il“cinese” difende il titolo in un match senza storia contro l’argentino Neto, fermato al secondo round, poi si deve arrendere nel gennaio del 1991 all’americano Ray Mercer.
Quella sera, ad Atlantic City, Damiani disputa forse il miglior incontro della carriera. Entrambi sfoggiano il completo repertorio pugilistico italo-americano, una perfetta fusione di schemi. Tra la conferma del titolo che Francesco stava costruendo con grande perizia e generosità, e il ko inatteso al termine della seconda ripresa, il montante sinistro di Mercer lanciato lì quasi per caso. Non un gran colpo, ma sufficiente per provocare una forte emorragia al naso. Forse Damiani si spaventa. Gli sembra di non poter respirare. Sempre cosciente si rialza al “9”.
È la prima sconfitta.
Non più campione del mondo, il romagnolo vince altri tre incontri prima della sconfitta contro Oliver McCall, nell’ultimo combattimento. Termina la carriera con 34 vittorie, 24 prima del limite e due sole sconfitte, ma con il rimpianto del match contro Evander Holyfield, sfumato alla vigilia per un infortunio alla caviglia. Poteva salire sul ring contro “The Real Deal”, fare la commedia per un paio di round e portarsi a casa 750.000 dollari. Erano tutti d’accordo, tranne lui, perché non ha mai saputo barare. Rifiuta la sfida con Mike Tyson, offeso per la misera borsa offertagli da Don King. Due incontri che l’avrebbero iscritto nell’Olimpo della categoria, ma che non avrebbero cambiato la sua esistenza di “gigante buono”, sempre pronto a mostrare l’innata empatia verso il prossimo e verso il pugilato, la passione di una vita che gli fa passare le corde anche oggi che ha superato la sessantina.
Restano di lui le medaglie e il mondiale di un pugile tecnico, elegante, generoso. E, non ultima, la soddisfazione di aver mandato a gambe all’aria quel Tyrrell Biggs che da dilettante gli era stato preferito slealmente a Monaco e a Los Angeles. La vendetta classica del “cinese” che aspetta seduto sull’argine del fiume di vedere passare il cadavere del nemico.
FRANCESCO DAMIANI
(4 ottobre 1958)
30-2-0 (24 ko, 75%)
Debutto: 5 gennaio 1985
Ultimo match: 23 aprile 1993
Mondiali
6 maggio 1989 Johnny Du Plooy + ko 3
16 dicembre 1989 Daniel Neto + kot 2
11 gennaio 1991 Ray Mercer – ko 9
5. continua (già pubblicati Primo Carnera di Gualtiero Becchetti; Sandro Mazzinghi di Dario Torromeo; Bruno Arcari di Vittorio Parisi; Gianfranco Rosi di Andrea Bacci. Prossima puntata Simona Galassi di Franco Esposito).