L’eroe del decathlon diventa donna

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Bruce Jenner ha ufficializzato ieri di voler cambiare sesso in un’intervista rilasciata alla giornalista Diane Sawyer dall’emittente americana Abc.

Medaglia d’oro nel decathlon all’Olimpiade di Montreal ‘76, sposato per tre volte, padre di sei figli e patrigno di altri quattro, ha raccontato di non aver mai avuto il coraggio di dire la verità riguardo la propria identità sessuale, perché “Non volevo deludere le persone a cui volevo bene“.

Aveva cominciato una terapia ormonale alla fine degli anni Ottanta, si era anche sottoposto ad alcuni interventi di chirurgia plastica.

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L’incontro con Kris Kardashian, la sua ultima moglie, nel 1990 lo ha portato a una brusca virata. L’amore, culminato con il matrimonio del 21 aprile 1991, lo ha convinto a bloccare la cura di ormoni e a ridurre il seno. Dall’unione sono nati due figli: Kendall, che oggi ha 19 anni, e Kylie che ne ha 17.

Nel dicembre scorso la coppia ha divorziato.

Bruce Jenner si è fatto depilare la barba, si è sottoposto a un’operazione per l’appiattimento del pomo d’Adamo ed ha un look decisamente più femminile.

Persone a lui vicino dicono che a influenzare l’ex eroe del dechatlon sia stata anche la storia di Renée Richards.

Renée ha 80 anni.

Ha due zigomi alti che sembra vogliano strappargli la pelle del viso. Capelli fini, lunghi, castani. Labbra sottili. Due piccoli occhi scuri le regalano uno sguardo duro, sofferente. Fino a poco tempo fa si divertiva ancora a giocare a tennis, a volte anche a golf. Vive a nord di New York, a un’ora di macchina dalla città. E’ titolare di due studi oculistici, uno a Manhattan e l’altro a Westchester County, e gode della stima di tutti. E’ specializzata nella cura dei problemi legati allo strasbismo.

Renée Richards è una donna in salute, 188 centimetri di un corpo ancora perfettamente tonico. Ma sembra avere dimenticato cosa sia la felicità.

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La ESPN quattro anni fa le ha dedicato un film, settantacinque minuti curati dal regista Eric Drath. La pellicola è andata in onda ad ottobre 2011 sulla televisione americana. Hanno scelto un titolo semplice, una sola parola per portare gli spettatori nel cuore della storia. “Renée”, il suo nome di oggi.

Quando è nata, il 19 agosto del 1934, si chiamava Richard Raskind.

Viene da una famiglia di medici dell’alta borghesia ebraica. Viveva a Forrest Hills, nel Queens.

Capitano della squadra di tennis a Yale, ha prestato servizio militare nella Marina degli Stati Uniti. Gli amici lo chiamavano “Dick”. Alla fine degli anni Sessanta ha scoperto di sentirsi donna nel più profondo dell’anima. Ed ha cominciato a prendere ormoni femminili. L’incontro con una modella ha generato qualche dubbio, il matrimonio e la nascita di un figlio hanno cancellato ogni incertezza. Un brutto divorzio, poi l’operazione per il cambio di sesso.

1977 US Open Tennis Championship

La prima idea era stata di operarsi a Casablanca, presso la Clinique Parc di Georges Buron. Poi la rinuncia, altri tormenti. Infine la decisione e l’intervento con l’endocrinologo tedesco Harry Bejamin. Del suo passato ha cancellato molte immagini, ha distrutto tutte le foto in cui appariva con la barba, ma ha conservato quelle in divisa da Luogotenente di Marina.

Renée Richards si è lasciata alle spalle un passato pieno di rancori. David, il papà chirurgo ortopedico, non ha mai voluto riconoscerla come donna (anche quando lei si presentava a casa in abiti femminili); Josephine, la sorella, ha sempre sostenuto che l’operazione sia stata una follia; la mamma, psichiatra, ha rotto i rapporti. Ma i tormenti più grandi sono arrivati da Nicholas Raskind detto Nick, il figlio che oggi ha più di quarant’anni e vive facendo l’agente immobiliare nello stato di New York. Del genitore dice: “Oggi papà è in un posto tra il tormento e la felicità.” Lo chiama ancora “papà”. Anche perché quando Richard è diventato Renée il bambino aveva appena tre anni e fino a otto lei gli ha nascosto tutto. Quando andava a trovarlo, indossava abiti maschili e una parrucca di corti capelli grigi.

Renée oggi vive con l’ assistente Arleen Larzelere, 60 anni venticinque dei quali passati assieme all’amica. Non c’è un legame amoroso tra le due. Le donne non interessano la Richards. Il problema è che anche con gli uomini ha avuto problemi a relazionarsi. Le storie sono state spesso prive di affetto, soltanto sesso. E poco anche di quello, perché: “Dopo l’operazione non ho più provato la stessa passione di prima.

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Giura di non avere rimpianti. Qualche anno fa ha dichiarato alla rivista People: “Meglio essere un uomo intatto, funzionante al 100% con la capacità di fare qualsiasi cosa, che essere un transessuale donna che è sempre una donna imperfetta. Se ci fosse stata una droga, un rito voodoo o qualsiasi magica alterazione della mente che mi avesse fatto restare un uomo intatto, sarebbe stato meglio. Ma non sono pentita. La pressione a cambiare, a diventare una donna era così forte che se non ci fossi riuscita, avrei potuto suicidarmi”.

La Richards dice di non avere mai voluto diventare un’icona del popolo dei transessuali, di non essere mai stata un’attivista. “Puoi essere ebreo anche senza essere un rabbino.” Aggiunge di avere cercato una vita senza dovere obbligatoriamente passare sotto le luci della celebrità. Eppure ha scritto e pubblicato due autobiografie. “Second serve” del 1986 è diventato un film con protagonista Vanessa Redgrave; “No way Renée: The second half of my notorius life” è del 2007. La Richards ha anche accettato di farsi intervistare dalla ESPN, e questa è la parte centrale dell’ultimo film. Ma soprattutto ha deciso di diventare un “caso” nella seconda metà degli anni Settanta.

Giocava da dilettante, poi ha cominciato a fare sul serio. Il servizio era davverto potente per le ragazze dell’epoca. Ha tentato di partecipare agli US Open del 1976, ma si è rifiutata di sottoporsi all’esame del sesso. La Federazione statunitense le ha negato l’iscrizione, lei si è rivolta alla Corte Suprema di New York che nel 1977 le ha dato ragione. Il miglior risultato da singolarista in uno Slam è stato il terzo turno del 1979, quando ha battuto Mary Carillo e Vermaak, per poi arrendersi a Chris Evert. Nel doppio femminile è arrivata in finale, assieme a Betty Ann Stuart, nel 1977. Superate solo dalla coppia Navratilova-Stove. Nel misto ha raggiunto la semifinale assieme a Ilie Nastase. In carriera René Richards ha sconfitto Hana Mandlikova, Sylvia Hanika, Virginia Ruzici e Pam Shriver. Ha allenato Martina Navratilova in due vittoriosi Wimbledon. Nel 2000, la stessa USTA che le aveva negato l’autorizzazione a giocare, l’ha inserita nella Hall of Fame.

Dice che non le interessano le spinte del movimento transgender. Che non approva la decisione del CIO di fare gareggiare i transessuali alle Olimpiadi (“La mia età avanzata rispetto alle avversarie, pareggiava i vantaggi”). Vive portando sulle spalle un complesso di colpa per come si è comportata con il figlio. Un ragazzo che ancora oggi ha difficoltà a trovare il giusto equilibrio psicologico e continua a chiamare “dad” il genitore.

E come volete che lo chiami? Quello che so è che ho una mamma donna, mio padre potrebbe avere fatto qualsiasi trasformazione genetica. Essere diventato un elefante, un dromedario o qualsiasi cosa lui volesse. Per me è sempre mio padre.

Da ragazzo è stato espulso dalla scuola. Preso in giro e insultato dai compagni che ne conoscevano la storia, aveva preso lezioni di arti marziali e aveva reagito con violenza agli sberleffi. A 14 anni era scappato in Giamaica. Oggi sta faticosamente ritrovando una pace interiore. Vive a Park Avenue, vende loft ai signori ricchi. Con Renée ha un rapporto affettivo complicato.

Mi chiedete se Nick accetti volentieri di parlare di me. Vi rispondo che lo fa molto volentieri se pensa possa essergli utile a vendere qualche appartamento in più.

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Solo nei monti sopra New York, Renée trova un attimo di serenità. Le lunghe passeggiate assieme a Rocco, un San Bernardo di 64 chili; le chiacchierate con Arleen; il sorriso dei pazienti. Ecco la ricetta per recuperare una piccola parte della tranquillità che ha inseguito per una vita senza mai riuscire a trovarla. Forse è per questo che sente il bisogno di sottoporsi all’esame del mondo. Con un libro, un’intervista, un film. Ha bisogno di spiegarsi, di raccontarsi, di parlare per farsi capire. Non è facile. Suo padre non ci ha neppure provato, suo figlio ricaccia indietro ogni cosa metta in discussione il passato. E neppure Martina Navratilova, John McEnroe o Billy Jean King (anche loro hanno fatto parte del film) sono riusciti a dire una parola che potesse aiutarla ad uscire dai dubbi.

Solo ora, a ottant’anni, sembra avere ritrovato la pace. Dicono offra consigli a chiunque pensi di compiere il suo stesso percorso. La chiamano Sex change coach.

Renée Richards non ne parla. Per tutta la vita ha portato dentro di sé l’enorme peso di sentirsi diversa rispetto al corpo che la natura le aveva regalato. Non ha nessuna intenzione di cambiare proprio ora che sta faticosamente ritrovando un minimo di serenità.

Bruce, Richard come Frank Maloney. Tre persone di sport nate nel corpo sbagliato.

 

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