
Per tre riprese quello tra Charlemagne Metonyekpon e Armando Casamonica è stato un match di intenzioni a cui non ha fatto seguito l’azione, la sfida, il colpo. E non per paura, ma per rispetto. Il mio maestro Franco Dominici avrebbe scritto che si respirava un’atmosfera di cose sospese. E ancora una volta avrebbe avuto ragione. Nessun affondo decisivo.
Era uno strano incontro, e non per la parsimonia nel portare i colpi, ma per il ribaltamento nella costruzione tattica della sfida. Casamonica più basso, dotato di minor allungo, boxava da incontrista. Aspettava che l’altro, più alto e con le leve più lunghe accorciasse la distanza, per poi trovare uno spiraglio dove incrociare.
Nella finale della quarta ripresa la piccola scossa. Era Charly ad andare a segno. Un sinistro al corpo lasciava segni di efficacia che erano una sorta di segnale, il tempo dell’attesa era finito.
Casamonica raccoglieva la sfida e nel round successivo lanciava l’attacco. Era più attivo, provava più volte a lasciare il segno. Attaccava, si riprendeva il suo ruolo naturale. Il lavoro dava i suoi frutti.
Cinque round ed eravamo ancora in perfetta parità.
Fino a quel punto i due avevano onorato il titolo per cui si stavano battendo, l’europeo silver dei superleggeri.
Era il match del coraggio.
I protagonisti lo avevano accettato, consapevoli dei rischi che comportava. Non erano obbligati a farlo. L’avevano voluto fare.
Alessandra Branco, l’organizzatrice, aveva scelto di metterlo in piedi. Una sfida equilibrata, sul ring due protagonisti che al pugilato avevano molto da chiedere.
Dopo otto riprese il combattimento si era leggermente sbilanciato.
Un richiamo ufficiale, nel settimo round, inflitto dall’arbitro svizzero Fabian Guggenheim a Casamonica, per avere perso il paradenti, dava un altro scossone. Un’ottava ripresa vinta chiaramente da Charly consolidava quel vantaggio.
Rimanevano le ultime quattro riprese. Da fare a tutto ritmo, da interpretare lasciando a casa il tatticismo, da boxare con la grinta nel cuore e la calma nella testa. Difficile? Indispensabile se si voleva portare il titolo a casa.
Un destro di Casamonica chiudeva il decimo round.
Due riprese alla fine.
Un incontro giocato su piccole sfumature che messe una sull’atra formavano la costruzione per la vittoria. Un centimetro alla volta, un centimetro alla volta. Charly mi sembrava quello che ne avesse messi assieme di più. Una sfumatura, un’interpretazione particolare, una chiave di lettura diversa. Bastava un niente per assegnare la vittoria, il mio criterio di giudizio propendeva per il campione in carica.
Ultima ripresa.
Casamonica chiudeva meglio, ma c’era ancora un filo di distacco non colmato.
Era stato bel match. Non è necessario scambiare centinaia di colpi per conferire spettacolarità al combattimento. In questa sfida c’è stata una scelta tattica precisa in ogni momento, c’è stata attenzione tecnica nel portare i colpi. È stato un incontro di fisico e di testa. A me è piaciuto. Bravi entrambi.
Il verdetto.
Split decision: 114-113 Casamonica, 116-114 Metonyekpon, 114-113 Casamonica.
Il romano è il nuovo campione europeo silver dei superleggeri.

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