La storia di Richard Torrez jr, il 5 aprile rivale di Vianello a Las Vegas (video)

Gli Stati Uniti avevano puntato forte sul peso massimo ai Giochi di Tokyo 2020. E lui aveva fatto le cose nel miglior modo possibile. Era approdato in finale contro un avversario che conosceva bene.
18 settembre 2019.

Richard Torrez era già sul ring. L’arbitro azero Emil Gubernaliev, un uomo piccolo, senza capelli, sguardo sicuro, controllava i guantoni. Si girava e salutava il coach Billy Walsh.

Bakhodir Jalolov si toglieva la maglietta, saliva i gradini che portavano al ring, con un salto scavalcava le corde. Il secondo gli metteva il paradenti. L’arbitro controllava e si portava al centro del quadrato.

Suonava il primo gong dei quarti di finale, categoria supermassimi, dei Mondiali di Yekaterinburg in Russia.
 Torrez attaccava.
 Jalolov arretrava. Per difendersi gli bastava muovere il suo lunghissimo destro. Mancino, 2,02 di altezza, quattordici centimetri in più dell’avversario. Match confuso, intenso, combattuto più di personalità che di tecnica.

Erano le 20:48, l’ora del dramma.

L’americano, 20 anni, preparava un colpo largo, ma abbassava troppo il destro. L’uzbeko lo anticipava e gli sparava un pazzesco sinistro dritto alla mascella. Torrez jr crollava al tappeto, immobile. L’arbitro faceva un timido tentativo di iniziare il conteggio, non arrivava neppure a 2, si fermava. Saltavano sul ring un medico e i paramedici. C’era grande agitazione. Quattro persone si muovevano attorno a Richard, sempre steso sul tappeto.
Veniva portato via in barella.
L’arbitro, a centro ring, alzava la mano al supermassimo uzbeko, 25 anni. Era il vincitore per ko dopo 2:50 della prima ripresa. 
Poco meno di due anni dopo, Richard Torrez e Bakhodir Jalolov si ritrovavano nuovamente avversari nella finale olimpica. Vinceva ancora l’uzbeko, stavolta ai punti. Un round iniziale incerto, poi il dominio di Jalolov era evidente.
I Torrez hanno la boxe nel sangue.
Nonno Juan, emigrato da Fresnillo (Messico) nel 1920, è stato campione regionale nel torneo dei Golden Gloves; Richard sr, il papà, è arrivato ai quarti di finale dei Trial USA per Los Angeles 1984. Ha sempre allenato e ancora allena Junior.


Passato professionista, Richard ha messo assieme dodici successi, undici dei quali per ko. A 25 anni è un pugile maturo e di talento. Alto 1.88, mancino.
Il papà coach non era in Giappone, ma ogni giorno parlava con il figlio attraverso Zoom. Lo faceva dalla palestra di famiglia, dove si erano allenati per migliaia di ore. Il ragazzo aveva le idee chiare.

“Ho già vinto medaglie e so che le medaglie sono fantastiche. Ma non sono qui per vincere una medaglia, sono qui per conquistare l’oro. Questo è il mio obiettivo. Questa è la mia ambizione. Non vedo l’ora di parlare con mio padre per dirgli cosa sono riuscito a fare” dichiarava al Fresno Bee.
Non ce l’ha fatta.

È un pugile fuori dagli schemi. Viene da una famiglia benestante, ha frequentato l’Università, quando gli è stato posto l’obbligo di una scelta, ha preferito la boxe alle possibilità di altri lavori.



Era iscritto al club di robotica e scacchi della Mission Oak High School di Tulare, in California. Risolveva il cubo di Rubik in pochi minuti e adorava i trucchi di magia, tipo mischiare i mazzi di carte e indovinare la carta che avevate scelto. Ascolta Beethoven, i genitori sono due insegnanti. Una volta la madre gli ha posto una domanda che molte mamme si sono fatte.
“Non fa male essere colpiti?”. 
“Certo”, ha risposto lui. 
“E cosa c’è che non va nel golf?” ha replicato la signora.

Il 5 aprile, al Palms Casino Resort di Las Vegas, Richard Torrez jr affronterà sulle dieci riprese Guido Vianello. Sarà il clou di una serata targata Top Rank e trasmessa in diretta da ESPN+.


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