
Anthony Joshua è un campione dei nostri tempi.
Molti non condividono questa affermazione. Sparano insulti dopo cinque parole, senza neppure completare la lettura della frase. Il popolo dei tastieristi ha fretta di definire AJ pompato, brocco, debole, tecnicamente povero, incapace. A Roma diremmo, un gran pippone.
Bene. Joshua porta un jab di una pulizia tecnica che è raro vedere tra i pesi massimi contemporanei. Ha colpi dritti di notevole livello per scelta di tempo, misura e velocità di esecuzione. Il montante, negli ultimi tempi, non lo tira molto spesso ma quando arriva è terribilmente efficace. Ha vinto 28 volte (25 per ko) su trentuno match. È stato campione del mondo WBA, IBF, WBO e IBO.
Odiatori professionisti hanno scatenato una campagna denigratoria che questo peso massimo non merita, arrivando a negare anche l’evidenza.
AJ è un pugile spettacolare e gode di incredibile popolarità. Eppure c’è in giro chi continua a giurare che Jake Paul faccia più promozione per il pugilato di qualsiasi altro protagonista. Gli esperti quando sono davanti a una tastiera hanno i polpastrelli che bruciano e tanta fretta di sparare il colpo in canna. Finiscono così per ignorare la realtà dei fatti.
Per AJ vs W. Klitschko a Wembley c’erano 90.000 spettatori.
Per AJ vs Joseph Parker a Cardiff i paganti sono stati 78.000.
Il match con l’ucraino è stato visto in PPV in 1.532.000 case.
Quello con il neozelandese è stato visto, sempre in PPV, da 1.457.000 in Gran Bretagna e 860.000 negli Stati Uniti.
Per il mondiale di sabato, allo stadio di Wembley, contro Daniel Dubois per il titolo IBF, sono stati venduti 96.000 biglietti. I primi 90.000 sono stati esauriti in quattro ore.
Questi sono fatti. Con l’aggiunta che Anthony Joshua è un pugile. L’altro di professione fa lo youtuber e con la vera boxe ha avuto una sola frequentazione, il 26 marzo dello scorso anno quando è stato sconfitto da Tommy Fury.
Ma la realtà dice anche che c’è stato un AJ prima di giugno 2019 e uno dopo. Quando è salito sul ring del Madison Square Garden per affrontare Andy Ruiz aveva un record perfetto: 22-0 (21 ko). Poi il messicano lo ha messo via in sette riprese, infliggendogli quattro atterramenti.
In quell’occasione il britannico ha pagato duramente un peccato che a volte inquina il suo atteggiamento tecnico in fase di attacco. Quando la sfida si infuoca, quando la battaglia diventa incandescente, perde la giusta coordinazione. Le braccia non sono nella posizione giusta. Il destro si abbassa un po’ troppo quando carica il jab con l’altro braccio. E se il rivale è rapido, il suo gancio sinistro può provocare danni irreparabili. È accaduto al minuto 1:11 del terzo round contro Andy Ruiz. E lì è cominciata la fase in discesa.
Si è tirato su a fatica, ma non tutto quello che è venuto dopo ha creato certezze sulla sua ripresa. Il record della seconda vita pugilistica di AJ è di 6-3-0 (4 ko). E non sono solo i risultati ad alimentare interrogativi sul suo rendimento. A metterne in discussione il valore assoluto è la tenuta mentale. È salito spesso sul ring con qualche dubbio di troppo. E, si sa, a volte i dubbi fanno più male dei pugni. Finito il periodo dei trionfi, ha perso il sorriso. E si è lasciato andare ad alcune dichiarazioni piene di inquietante arroganza.
“Ho la schiena a pezzi per avere portato sulle mie spalle l’intera categoria dei pesi massimi.”
“Mi criticate? Può farlo solo chi è salito su un ring.”
Frasi che rivelano un’insicurezza sopra il livello di guardia.
I successi contro Jermaine Franklin jr, Roberto Helenius, Otto Wallin, Francis Ngannou gli hanno restituito un po’ di fiducia, ma il valore assoluto degli sconfitti non è così alto da garantire un ritorno al passato con garanzie di prestazione.
Il panorama generale degli attuali pesi massimi non è esaltante. Ci sono campioni di grande livello, un paio di loro sono addirittura dei fuoriclasse. Usyk lo è, anche se non incarna la figura del peso massimo come tutti noi lo immaginiamo. Tyson Fury lo sarebbe se il suo atteggiamento fuori dal ring non ne compromettesse (a volte) le qualità al momento del combattimento.
AJ credo sia un gradino sotto. Ma è comunque un campione dei nostri tempi (per quello che ha fatto, comunque finisca il mondiale), un pugile di grande popolarità. Fatevene una ragione. E marcia dritto verso il prossimo impegno, la sfida nel 2025 contro il vincente del match tra Olexander Usyk e Tyson Fury, che si disputerà il 21 dicembre a Riyadh.
Fra la realtà e il progetto c’è di mezzo Daniel Dubois. L’avversario più forte che Anthony Joshua abbia affrontato da due anni a questa parte. I bookmaker pensano non ci sia storia. Joshua (le quote sono dell’agenzia William Hill) paga 1.29, punti un euro e se indovini te ne ritornano 1,29. Dubois è offerto a 3.75. E i bookmaker non sono un ente di beneficenza.
Ma il pugilato è uno sport che non regala certezze in anticipo. Se dovessi scommettere i miei soldi li metterei su AJ, ma con la consapevolezza che potrebbero rimanere nelle casse degli allibratori.


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