Alla fine, l’algerina Khelif è oro. Il polverone lascia solo macerie

L’oro alla fine l’ha vinto lei, Imane Khelif.
Il caso più clamoroso di questa Olimpiade parigina. Si è parlato più di lei che dei trionfi di nuoto, atletica leggera, ginnastica e via discorrendo. Tutto il polverone mediatico creato attorno all’algerina è stato visto come una grande ingiustizia da una parte, come un bullismo ignorante dall’altra.
Il fatto è che chi sparava insulti degni di uomini delle caverne non aveva i fatti dalla sua parte. Parlava di analisi di cui non conosceva i risultati, si addentrava in discussione su sesso biologico e identità di genere e non distingueva la differenza tra creatinina ed emoglobina. Dissertava di cromosomi chi fino a qualche giorno fa pensava fossero un lucido per le macchine.
Io so di non sapere. 
Quindi non mi avventuro su questo sentiero su cui camminano gli scienziati dei social.
L’International Boxing Association ha indetto una conferenza stampa per dimostrare al mondo che Imane Khelif è un uomo.
Ha concluso la conferenza tra le facce sbalordite dei giornalisti di tutto il mondo che si erano trovati davanti a tante chiacchiere senza un solo fatto a sostegno della tesi.
E l’IBA, lo ricordo agli smemorati, è fuori da Parigi ’24, non ha diritto di accesso.
Il CIO, che questi Giochi li gestisce, ha detto che i riscontri in loro possesso rendevano certo il genere femminile dell’atleta.
Io so di non sapere.
Non ho mezzi e accesso alla documentazione. Quindi non parlo, a differenza del resto del mondo che avendo in tasca il nulla sproloquia tutto il giorno.
Non so, quindi rispetto l’unica decisione presa da chi poteva prenderla.
Imane Khelif ha vinto al termine di un match brutto, con pochi colpi precisi da parte di entrambe. Liu Yang, come le atlete che l’hanno preceduta, è stata vittima del polverone di cui parlavo prima. È entrata sul ring poco sicura, ha disputato contratta il primo round, meglio nel secondo, bene nel terzo. I cinque giudici non hanno visto un solo attimo in suo favore, neppure uno ha avuto il dubbio che la ripresa finale potesse averla vinta. E qui torno al punto di partenza. Khelif è stata usata per portare consensi alle due parti in guerra, chissà perché ho la sensazione che nessuno si sia chiesto se la posta in gioco (per loro) valesse gli incubi inflitti all’algerina.
Una delle poche cose chiare in questa vicenda è la sua supremazia sul resto del gruppo. Come è evidente il livello incredibilmente basso della categoria dei 66 kg donne. Pochi colpi, molti clinch, tante scorrettezze, rari spunti pregevoli. Ed era un torneo olimpico, il massimo che il dilettantismo potesse esprimere.
Non so, quanto faccia male a differenza di tantissime persone che giurano abbia un pugno più forte di Rocky Marciano, più devastante di George Foreman. Partendo ovviamente, per loro, dal concetto che è un uomo che si batte contro una donna. Ma i fatti dicono che ha vinto ai punti il 91% dei combattimenti disputati in carriera.
E lo dicono in faccia a quelli che giurano sulla sua natura. Un uomo contro una donna sul ring, solo nove volte su cento vincerebbe prima del limite.
Imane Khelif ha vinto. Almeno un vantaggio lo ha tratto da questa vicenda. Oro e popolarità. Meritati, per carità. Ma sono pur sempre un compenso non adeguato al sacrificio fatto e alle umiliazioni subite.
Il resto del plotone ha rimediato una gran brutta figura. La boxe ne esce decisamente male. Il polverone lascia solo macerie. Ogni giorno che passa sono sempre più convinto che il pugilato non meriti di entrare nel programma di Los Angeles ’28.

2 risposte a “Alla fine, l’algerina Khelif è oro. Il polverone lascia solo macerie”

  1. […] su Storie di Boxe, il sito di Dario Torromeo, firma delle firme delle boxe in Italia. Torromeo considera che “Khelif è stata usata per portare consensi alle due parti in guerra, chissà perché ho la […]

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