Cuba, da dominatrice a rischio zero ori. Che sta succedendo?

È negativo, comunque finisca, il bilancio di Parigi ‘24 per una di quelle nazioni che ha scritto la storia del pugilato alle Olimpiadi.
Cuba nelle ultime tre edizioni dei Giochi ha esercitato una crescita continua
LONDRA 2012
2 ori, 0 argenti, 2 bronzi (terza nel medagliere finale)
RIO 2016
3 ori, 0 argenti, 3 bronzi (seconda nel medagliere finale)
TOKYO 2020
4 ori, 0 argenti, 1 bronzo (prima nel medagliere finale).
Nella storia olimpica, Cuba è seconda dietro gli Stati Uniti.

A Parigi le speranze di non tornare a casa senza vittorie sono legate al superleggero (63,5 kg) Erislandy Alvarez (foto in alto), unico della sua squadra in finale. Domani, 7 agosto, affronterà il francese Sofiane Oumibe per l’oro.
Si è fermato al bronzo Arlen Lopez Cardona nei mediomassimi (80 kg), battuto per 3-2 in semifinale dall’uzbeko Oleksandr Khyrhniak.
Fuori al primo turno Julio Cesar La Cruz (massimi, 92 kg), usciti agli ottavi Alejandro Claro Fiz (mosca, 51 kg) e Ivan Horta (piuma, 57 kg).
Cuba è arrivata all’Olimpiade francese con solo cinque elementi. La riduzione delle categorie maschile (sette in tutto) e l’innalzamento a sei di quelle feminili non ha giovato al Paese caraibico. La boxe femminile nell’isola è stata vietata da Fidel Castro fino al 2022. Nessuna donna si è qualificata.
Alcide Sagarra, 87 anni, il mito degli allenatori mondiali non ha seguaci.
Raramente la vita di uno sport è legata in modo così forte al nome di un solo uomo. È stato la guida della nazionale di pugilato dal 1964 al 2001, con i suoi ragazzi ha vinto 32 ori olimpici e 63 titoli mondiali. Roba che ci vivrebbe di rendita una nazione nella sua intera storiasportiva
Teofilo Stevenson, Felix Savon, Roberto Balado,

Ariel Hernandez, Maikro Romero, Armando Martinez,

Angel Herrera, Rolando Garbey, Adolfo Horta

Metto in fila come fosse una poesia i nove nomi che lui stesso ha indicato come gli allievi preferiti. El Maestro ha cominciato accanto al sovietico Andrej Chervonenko, poi è andato avanti da solo. Ha vinto tutto quello che si poteva vincere e Cuba è uscita dal guscio in cui si era chiusa quando, nel 1961, il governo di Fidel Castro aveva vietato per la seconda volta il professionismo. L’isola ha conquistato il mondo della boxe amatoriale, se lo è preso concedendo poco agli altri.

È andata così sino a quando, venti anni fa, Alcide Sagarra si è ritirato.
Il suo posto è stato preso da Sarbelio Fuentes. Bene ad Atene 2004 (5 ori, otto medaglie). Un disastro a Pechino 2008 quando, per la prima volta da Monaco 1972, la squadra cubana è tornata a casa senza una medaglia d’oro. Un risultato che ha spinto la Federazione al cambio di tecnico.

Dal 2009 Rolando Acebal è alla guida del gruppo.
Centomila atleti di vari sport su 11,3 milioni di abitanti. Ventimila pugili. Cominciano dalle elementari, a 12 anni già si allenano per il futuro. La maggior parte dei centri di preparazione è nella parte orientale dell’isola: Guantanamo, Santiago, Las Tunas. Da qualche tempo si è sviluppata una notevole attività anche a ovest, soprattutto a Pinar del Rio, una cittadina di 143.000 abitanti, che ha al suo interno cinquecento pugili. Ogni località ha il suo campo tecnico, una volta l’anno Camaguey, al centro dell’isola, ospita un torneo nazionale: i migliori vengono chiamati nella squadra e si preparano a conquistare mondiali e ori olimpici.
L’isola ama la boxe. Si dice che l’80% dei cubani abbia praticato il pugilato. 
Recentemente questo sport ha dovuto battersi contro la crescente popolarità del calcio, la televisione ha portato nelle case il campionato spagnolo. Barcellona e Real Madrid ora sono nei pensieri di molti bambini. Ma la boxe è ancora largamente davanti a qualsiasi altro sogno.

A Tokyo 2020, Cuba si è presentata con sette atleti. L’impossibilità di disputare le qualificazioni del continente americano, il torneo di Buenos Aires è stato annullato per la pandemia, ha impedito di fare il pieno. È rimasto a casa il peso medio. C’è stato più di un cambio di categoria in squadra. Cinque medaglie su sette pugili, quattro d’oro, non è andata male.
A Parigi, il crollo. Se Alvarez non dovesse farcela, l’isola farebbe un salto all’indietro di sedici anni. Un incubo.

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