
Gli ufficiali di gara di questa Olimpiade sono le terze scelte e, come se non bastasse, arrivano ai Giochi senza avere una chiave di lettura unica del combattimento. Colpa dell’International Boxing Association che ha bloccato 36 arbitri e giudici dopo gli scandali di Rio 2016, colpa sempre dell’IBA che non ha trovato adeguate soluzioni al problema. Ma colpa anche e soprattutto del Comitato Olimpico Internazionale che non ha curato la malattia, aggravando addirittura il danno. È accaduto a Tokyo 2020, si sta ripetendo a Parigi 2024.
Nel primo pomeriggio di oggi quattro signori (il quinto, Lin Chia Chan di Taipei, si è tirato fuori stilando un cartellino diametralmente opposto a quello dei colleghi) hanno scippato la vittoria al peso massimo Aziz Abbes Mouhiidine. Se qualcuno ha un altro verbo da usare lo suggerisca, vi informo però che accetto solo peggiorativi.
Prima ripresa equilibrata, comprensibile che sia stata assegnata all’uzbeko.
Seconda ripresa letteralmente DOMINATA da Abbes. Tre giudici la assegnano ancora all’uzbeko.
L’azzurro vince anche la terza. È vero, l’ha fatto non proseguendo nella stessa interpretazione del round precedente, in cui aveva scelto la sua boxe migliore. Mobilità sulle gambe, velocità di esecuzione, attacchi e colpi precisi. Vero, ma comunque vince anche questa. Ancora una volta tre giudici dicono che la supremazia nei cartellini va all’uzbeko.
Tutto questo nonostante Abbes fosse stato ferito da una testata (involontaria) di Lazibek Mullojonov a inizio combattimento. Questi sono i fatti.
Stavolta l’incapacità di lettura del match, un combattimento facile da leggere, è stata talmente evidente da far pensare a un gesto di arroganza. Scandali ne ho visti tanti. A Seul il nostro Vincenzo Nardiello, ma soprattutto Roy Jones. A Londra ancora un azzurro, Roberto Cammarelle. A Rio un po’ tutti. A Tokyo ancora peggio.
Il pugilato in questa edizione si sta consegnando alla scomparsa. La colpa più grande che imputo all’attuale gestione è quella di stare installando nelle nostre teste la convinzione di dover combattere contro l’avversario e allo stesso tempo di essere costretti a stravincere se si vuole avere quello che ci spetta. È una boxe malata, uno sport che si avvia lentamente verso l’estinzione.
A Los Angeles 2028 al momento non c’è.
Se avete voglia e tempo, riguardate anche il match che ha preceduto quello di Abbes. La sfida tra i pesi massimi Peralta e Dominguez, e spiegatemi quale sia stato il criterio che ha spinto i giudici a stilare quel tipo di cartellini, favorendo il cubano di nascita e di maglietta che alla fine ha comunque perso.
La situazione è in uno stato imbarazzante da moltissimo tempo. Ovviamente non conosco la soluzione, se non quella di prendersi una lunga pausa. Magari quattro anni. Non accadrà, altri pugili subiranno beffe crudeli, altri giudici torneranno in albergo e andranno a cena convinti di avere fatto il loro lavoro.
È la boxe dei dilettanti bellezza. Mi piace sempre meno.

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