Usyk, 372 match, 11 sconfitte. Russo è tra quelli che l’hanno battuto


Oleksandr Usyk, attualmente, è l’unico campione del mondo dei pesi massimi. 
Ha riunificato le cinture (Wbc, Wba, Ibf, Wbo, Ibo) battendo il 18 di questo mese a Riyadh, per split decision (114-113, 113-114, 115-112), Tyson Fury. I due si incontreranno nella rivincita il 21 dicembre prossimo
Tra i professionisti, Usyk ha un record immacolato: 22-0, 14 ko. È stato campione unico anche tra i massimi leggeri.
Da dilettante ha disputato 350 match, ne ha vinti 335. 
Quattro sconfitte sono arrivate per forfait.
Solo undici avversari sono riusciti a batterlo sul ring in oltre vent’anni di carriera.
Uno di questi è Clemente Russo (a sinistra nella foto, a destra Usyk).
È accaduto all’Olimpiade di Pechino 2008.
Il pugile di Marcianise ha sconfitto 
Viktor Zuyeu negli ottavi (7-1)
Oleksandr Usyk nei quarti (7-4)
Deontay Wilder in semifinale (7-1). Lo statunitense aveva quasi 23 anni (sotto il video del match).


Ed è stato battuto da Rakhim Chagaev in finale (2-4)
Russo ha superato l’ucraino il 17 agosto 2008. Aveva da poco compiuto 26 anni, l’avversario ne aveva 21 e mezzo, ed era campione europeo in carica.
La categoria era quella dei pesi massimi. 
Usyk si è preso la rivincita nella finale dell’Olimpiade di Londra 2012 (14-11).


Questa è una sintesi dell’articolo che ho scritto quando Clemente Russo ha annunciato il ritiro (26 luglio 2021).

Clemente è stato un grande dilettante.
È una verità confortata dai fatti, anche se chi non l’ha mai sopportato ha approfittato della parte finale della carriera per infierire, traendo da una serie di eventi recenti lo spunto per giudicare fallimentare l’intero percorso.
Come se due argenti olimpici e due ori mondiali, la conquista delle WSB a squadre, i successi su Danny Price, Oleksandr Usyk, Deontay Wilder, Egor Mekhontsev, Rakhim Chakhkiev, Teymur Mammadov; un oro e un argento agli Europei, nove titoli italiani, un oro individuale nelle World Boxing Series (2010-2011) potessero essere il frutto solo di una fortuna sfacciata.
Capisco che si potesse non gradire il suo modo di boxare. Anche a me non piaceva. Era un pugilato fatto più di astuzia ed esperienza che di un talento classico. È vero, spesso portava sventole larghe che finivano sul bersaglio, schiaffi senza valore. Ma non ci sto quando sento dire che non è stato un campione tra i dilettanti.
Anche perché ha sempre inseguito e raggiunto il successo con determinazione. Ricordate la semifinale dei Giochi di Londra 2012? Contro Mammadov sembrava fosse finita dopo appena un round e due conteggi. E invece ne è uscito vincitore.
Quando in una calda mattinata duranti i Giochi di Londra 2012, gli ho chiesto quale fosse la chiave delle sue vittorie, mi ha risposto con quel sorriso con cui sembra prendere in giro il mondo intero.
“Cuore e testa. Vinco così. Il cuore per trovare il coraggio di soffrire, la testa per motivazioni e orgoglio.”
Perché tanta gente non riconosce l’importanza dei tuoi risultati?
“È l’invidia, guaglio’. Ho letto un commento molto bello di Marco Maddaloni, mio cognato. Diceva: “Ragazzi, purtroppo l’invidia è l’arma peggiore che viene puntata contro il campione”. Anche se non hai nulla contro Usain Bolt, avresti voluto che vincesse Gatlin. Non può vincere sempre lo stesso. Hanno goduto tantissimo anche sulle sconfitte della Pellegrini. Sono dei gufi maledetti, chi vince dà fastidio. È così da sempre. E poi c’è un’altra cosa…”
Dimmi…
“Stravinci e l’avversario nun nè bbuono, straperdi e si ‘nu scemo, che amma a fa’? Voglio prendere i fischi sino alla fine, me ne strafotto. L’importante è il risultato”.
Era stato così a Londra, come lo era stato a Pechino, ai Mondiali di Chicago e a quelli di Almaty.
Quando era al massimo della condizione Russo era resistente, abile nella difesa (“Il mio maestro, Domenico Brillantino, mi ha insegnato che è un’arte determinante in questo sport. Non l’ho mai dimenticato”) e sapeva colpire rapido per poi uscire altrettanto velocemente dalla replica dell’avversario. Portava i colpi attraverso strane traiettorie. Impossibili per chiunque, ma non per lui. E faceva risultati. Poteva non piacere, ma è stato sicuramente un dilettante fortissimo.
Clemente Russo ha segnato una linea di confine. È stato un dilettante che ha goduto di grande popolarità. Ha agito da protagonista in televisione, sulle prime pagine dei giornali, sulle riviste non sportive. E questo gli ha dato riconoscibilità, soldi e sicurezza. Ma ha minato l’attendibilità dei giudizi. Troppo spesso si è portati, anche inconsapevolmente, a giudicare il personaggio e non l’atleta. E lui, con l’atteggiamento fuori dal ring nel finale di carriera (nelle interviste, intendo) ha dato materiale in abbondanza agli odiatori di professione.
Non è stato giusto.
Clemente Russo, anche se il suo stile non piaceva agli amanti della nobile arte, me compreso, è stato un degno campione tra i dilettanti. Chi non lo sopporta, se ne faccia una ragione.
Scende dal ring un campione. I risultati che ha ottenuto sono esaltanti. Non lanciamoci in confronti azzardati. Clemente Russo ha in bacheca medaglie che pochi pugili sono riusciti a mettere assieme nel mondo del dilettantismo. E allora, per una volta, mettiamo da parte antipatie e gusti tecnici. Applaudiamo l’uscita di scena di un pugile che di sicuro questi applausi li merita tutti.


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