Otto Wallin, il rivale giusto per dare una risposta ai dubbi di Joshua

L’enigma del sabato sera ha un nome e un cognome, Anthony Joshua. Gli ultimi quattro match pretendono una risposta. Cosa è riuscito a conservare del valore che gli ha permesso di arrivare sul tetto del mondo?
Alle due sconfitte contro Oleksander Usyk sono seguite le vittorie contro Jermaine Franklin (netta, ma non convincente) e Robert Helenius (apprezzabbile solo il colpo che ha chiuso l’incontro). 
Ha sconfitto Franklin in maniera chiara, dominando la sfida. Ma ha anche evidenziato pecche che vengono dal passato.
C’è un rovescio della medaglia. La tenuta di AJ. Un po’ anche sul piano fisico, un problema che gli ha impedito di chiudere le riprese finali come ha condotto le prime otto. Ma anche e soprattutto sul piano mentale, il tallone di Achille del campione britannico. È spesso in difficoltà quando la pressione comincia a farsi sentire.
Questo ho scritto nella cronaca di quel match, questi sono i dubbi che mi porto dietro.
Dubbi che forse anche lui ha avvertito, per questo potrebbe avere cambiato coach. Ha preso Ben Davison, ex maestro di Tyson Fury. A 34 anni AJ ha bisogno di aggrapparsi a ogni possibile punto di appoggio, non certo per ritrovare i giorni d’oro ma per tornare competitivo ai massimi livelli.
Il match ideale per lui potrebbe essere sulla falsariga della seconda sfida contro Andy Ruiz, ma con maggiore cattiveria, con più voglia di osare. Altrimente potrebbe dare a Otto Wallin opportunità che al momento non ha (i bookmaker pagano AJ a 1.25, lo svedese a 4).
È un match che pretende risposte chiare se si vuole mettere su l’affare dell’anno, l’incrocio magico in una notte in cui la boxe potrebbe tornare ad essere regina: Tyson Fury vs Oleksandr Usyk, Deontay Wilder vs Anthony Joshua il 17 febbraio 2024 a Riyadh.
Otto Wallin. Il pronostico dice che non dovrebbe farcela, che potrebbe addirittura subire la sua unica sconfitta prima del limite, probabilmente nei round finali. Ma, di certo, rappresenta un rivale onesto, accettabile. Un test, come si dice in questi casi.
Ha tenuto il ring per dodici riprese contro Tyson Fury, nell’unica sconfitta della sua carriera (26-0 il resto del record, con 14 successi per ko). Poi è tornato altre sei volte sul ring, vincendo sempre, anche se in una sola occasione prima del limite.
Avversario degno dell’evento.
Buon pugile, con una storia intrigante alle spalle.
Era la notte tra il 26 e il 27 giugno del ’59.
Un ragazzino di nove anni era seduto in cucina e ascoltava la radio. Il papà lo aveva svegliato pochi minuti prima. Insieme avevano lentamente chiuso le porte delle loro camere da letto, avevano percorso l’ingresso cercando di fare il minor rumore possibile. In cucina avevano acceso la luce, per poi cercare con l’animo eccitato la stazione radio giusta.
La voce del commentatore veniva dallo Yankee Stadium, nel Bronx. New York, Stati Uniti d’America.
Erano in tanti ad essere svegli a Sundsvall, cittadina di cinquantamila abitanti, a quattro ore di macchina da Stoccolma. Erano in tanti in tutti la Svezia quelli che avevano deciso di fare l’alba ascoltando il radiocronista che parlava da così lontano.
Un ring al centro dello stadio. In un angolo il campione del mondo dei pesi massimi, Floyd Patterson: una sola sconfitta in 36 match. Nell’altro lo sfidante, Ingemar Johansson, svedese imbattuto: 21-0. Una nazione intera con il fiato sospeso.

Quel bambino di nove anni si chiamava Calle Wallin e adorava la boxe.
Tutti sognavano, erano molti di meno quelli che speravano. E invece…

Un massacro, nel terzo round Patterson finiva sette volte giù prima che l’arbitro Ruby Goldstein decretasse il kot dopo 2:03.
La festa poteva cominciare.
Otto Wallin è il figlio di Calle. E da tempo è volato a New York per inseguire il suo sogno. Il papà ha assecondato ogni suo desiderio. È stato lui a portarlo in palestra quando era un bambino, è stato il primo insegnante.
Ingemar Johnasson ricopriva sempre lo stesso ruolo. Un mito non cambia mai posto nel cuore dei tifosi. Chissà se un giorno…
Calle è morto il 22 maggio del 2019, stroncato da un infarto.

Aveva 68 anni.

“Qualsiasi cosa mi accada, tu non fermarti mai. Vai avanti, vai avanti…”

Otto sente ancora il suono di quelle parole nella testa, è stato l’ultimo messaggio del papà.

Da dilettante ha affrontato due volte Anthony Joshua. Ha perso in entrambe le occasioni, poi è diventato uno dei suoi sparring. Sabato se lo ritroverà davanti come avversario.
Lo svedese è un mancino, alto 1.97, ha pesantezza di pugno, boxa bene da incontrista. Ha qualche pecca sul piano tecnico e non ha certo la velocità di Andy Ruiz jr.
Con Tyson Fury gli è andata male. Ha perso nettamente ai punti (116-112, 117-111, 118-110). 
Stavolta spera vada diversamente.
Ci crede, non sono in molti a seguirlo su questa strada.


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