A meno di un anno dai Giochi, la boxe è sempre un mare in tempesta


Oggi, 18 agosto 2023, a 342 giorni dall’Olimpiade di Parigi ’24 e a cinque anni da Los Angeles ’28, il pugilato dilettantistico naviga ancora in un mare in tempesta.
Ma sembra che nulla importi a chi dovrebbe esserne direttamente interessato, gli operatori di questo sport.
Il 22 giugno scorso il Comitato Olimpico Internazionale ha messo l’International Boxing Association fuori dalla gestione dei Giochi. Ora l’IBA dice di avere portato il problema al Tribunale Arbitrale dello Sport di Losanna, impugnando la decisione dello stesso CIO.
Un caos che spinge il pugilato fuori dalle competizioni olimpiche, nonostante le assicurazioni ricevute.
Al momento la boxe è senza una Federazione Internazionale di riferimento, una che sia riconosciuta dall’Ente che gestisce le Olimpiadi (competizione in cui, da due edizioni dei Giochi, l’organizzazione del torneo olimpico è nelle mani di una Task Forse del CIO).
La World Boxing è la nuova associazione nata con l’intento di sostituire l’IBA (ex AIBA) nel ruolo.
A tutt’oggi ha solo pochissime Federazioni Nazionali affiliate.
Stati Uniti, Nuova Zelanda, Gran Bretagna, Olanda, Australia hanno aderito. Il Canada sta pensando di farlo.
Sono ancora all’interno dell’IBA: tutta l’Africa, tutta l’Asia, l’Europa (con l’eccezione di Gran Bretagna e Olanda), l’America (con l’eccezione degli Stati Uniti).
L’International Boxing Association ha uno sponsor con un contratto biennale da 50 milioni di dollari, più altri sponsor in appoggio e sponsor tecnici.
Ha un calendario comprendente campionati continentali e mondiali.
La World Boxing non ha ancora annunciato un solo evento, il budget è estremamente limitato. È stata fondata nell’aprile del 2023 e la sua presenza, mediatica, organizzativa e programmatica è tuttora impalpabile.
Nel gioco al massacro, l’Italia ha già annunciato la sua posizione. È e sarà una sola, perché è l’unica che la FPI ha a disposizione essendo organizzazione interessata, finanziariamente e politicamente, a soggetti (CONI e Sport e Salute) che hanno come riferimento il Comitato Olimpico Internazionale.
Quindi, quando sarà chiamata a pronunciarsi, lascerà l’IBA.
E a quel punto si troverà davanti a un problema gigantesco. L’impossibilità di far fare attività ai suoi affiliati. È chiaro il concetto? 
Mi spiego meglio. Oggi l’IBA ha annunciato che accetterà la partecipazione di atleti di qualsiasi nazione, a prescindere da quale sia lo status della Federazione di appartenenza, alle sue competizioni. Ma domani, quando le parti in campo saranno ufficialmente rivali al fianco di cui schierarsi, cosa dirà sul problema?
Mi fermo qui.
All’interno del mondo pugilistico italiano, parlo di maestri/pugili/dirigenti/ASD, sembra non ci sia il minimo interesse sul tema. Non si avverte il bisogno di capire, di sapere. L’uragano è annunciato in arrivo, ma i confini degli interessi restano delimitati a spazi ristretti. Quelli dei loro pugili, della loro palestra. Si parla, giustamente, della piaga dei verdetti assurdi, della mancanza di soldi, di difficoltà oggettive. Tutti argomenti validi. Ma bisognerebbe capire che se il castello crollerà, non ci sarà più nulla per cui lamentarsi. 
È diritto/dovere di ogni membro che appartenga a un gruppo capire il più possibile le dinamiche in atto nell’Oceano in cui naviga.
Alla gran parte del pugilato italiano il problema invece sembra non interessare.
Le colpe della FPI pesano da almeno un quarto di secolo su questo sport. Ma nell’occasione, più che dichiarare ufficialmente dove andrà a schierarsi, cosa altro poteva fare?
Il popolo della boxe non può certo scendere in piazza e battersi per spingere a favore di una o dell’altra parte. Spero però che senta la necessità di capire davvero in che mondo vive e cosa questo mondo stia preparando per chi al pugilato è legato da generazioni.

Mi è sembrata una cosa straordinaria: conoscere la spiegazione di ogni cosa, sapere perché ha inizio, perché finisce, perché è. (Socrate)

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