
L’arte scuote dall’anima la polvere accumulata nella vita di tutti i giorni (Pablo Picasso)
Ho incontrato l’arte due volte in soli quattro giorni. Pensavo di avere visto abbastanza martedì scorso, quando ho ammirato Naoya Inoue portare una combinazione pulita e crudele allo stesso tempo: sinistro al corpo, gancio destro alla mascella di Stephen Fulton. La perfezione del gesto tecnico, la capacità di trovare la via ideale per sfruttare le due componenti fondamentali della boxe: spazio e tempo. Un grande.
E invece la scorsa notte mi sono ritrovato di nuovo davanti al talento di un artista. Terence Crawford è in assoluto, probabilmente accanto a Inoue, il miglior pugile in circolazione. È un maestro che conosce l’intera gamma della scienza pugilistica, l’ha studiata a suo tempo e da anni ne è il massimo rappresentante sul palcoscenico più difficile del mondo. Sul ring interpreta ogni aspetto di quel dramma chiamato boxe.
È bravo in attacco e in difesa, ha scelta di spazio e tempo giusti per sviluppare le due fasi. Possiede rapidità di esecuzione, fluidità del gesto tecnico, intelligenza tattica, potenza. Ha scelte difensive efficaci. Un fuoriclasse a cui capita più volte in un match di portare in maniera perfetta e conclusiva colpi girati, come si dice in gergo. Montanti e, soprattutto, ganci. Un pugno quest’ultimo che spesso, come è stato anche contro Errol Spence jr, diventa risolutivo. Stanotte ha inflitto al rivale tre atterramenti con tre colpi diversi. Diretto destro il primo, montante destro il secondo, gancio destro il terzo.
Strano, potrebbe dire qualcuno. Tre destri decisivi in un mancino. In realtà Terence Crawford sembrerebbe un destrorso impostato in guardia falsa. Il pugno forte lo porta con quella mano. Il jab, ad esempio. Non è di difesa, non è la preparazione ad un successivo attacco. È un vero è proprio colpo di offesa. Lo porta con forza, ha potenza, spesso è risolutore. Il fatto che anche il sinistro abbia le stesse qualità è spiegabile in un solo modo. È un fenomeno.
La scorsa notte a Las Vegas, Terence Crawford ha raccontato per l’ennesima volta al mondo intero come e perché lui sia un fuoriclasse assoluto. E lo ha fatto contro un avversario forte come Errol Spence jr (28-0, 22 ko prima dell’ultima sfida). Uno che negli ultimi cinque match ha sconfitto Yordenis Yugas, Danny Garcia, Shawn Porter, Mickey Garcia, Carlos Ocampo. Un pugile solido. Uno che spreca poco, un attaccante. Uno che lavora con grande efficacia al corpo, porta con disinvoltura ganci e montanti. Il diretto sinistro poi, è un’arma letale. Uno che ha una difesa attenta, che anticipa i pugni scagliati dal rivale attenuandone l’impatto.
Questo era ed è il talento texano. Non se ne sminuisca il valore solo perché è stato dominato da Crawford. La bravura di Terence, ora titolare unico delle cinture mondiali dei pesi welter, fa spesso sembrare i suoi rivali meno bravi di quanto in realtà siano.
Non so se abbia senso alzarsi in piedi davanti a un computer e tributare una standing ovation al campione. A me sembra un po’ ridicolo, non ho neppure l’età giusta per simili sceneggiate. Eppure sarei tentato di farlo. Mi ha mostrato la parte bella di uno sport crudele, violento e drammatico che negli ultimi tempi solo in rare occasioni mi è sembrato affascinante. Gli dico dunque grazie per avere portato, ancora una volta, l’arte sul ring.

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