
Voglio una vita che non è mai tardi
Di quelle che non dormono mai
Voglio una vita di quelle che non si sa mai
(Vasco Rossi, Una vita spericolata)
Simon Kean l’ha avuta, la sua vita spericolata.
Oggi è un 34enne di circa 113 chili per 196 centimetri di altezza. Ha una faccia che spesso cambia radicalmente espressione. In alcuni momenti un tipo spietato, in altri uno studente di college che si impegna per lasciare in tutti una buona impressione.
Esordisce a 16 anni, al Club Performance di Trois-Rivières, la città dove è nato l’11 gennaio 1989. Lì dove ancora vive. Non è che sia un incontro in piena regola, è più una lotta clandestina, resta comunque un combattimento. E lui lo vince. In casa pensano debba sfogare l’aggressività da qualche parte. Il papà è morto quando lui era ancora piccolo, lo tira su il nonno. Il ragazzo prova il judo, il Football Americano (gioca da linebaker alle superiori). Poi, trova il sentiero da percorrere. Il pugilato.
A poco più di vent’anni, è il 2009, ha una paura fottuta. Teme che, presto, l’unico colore che campeggerà nel suo futuro sarà il nero della disperazione. È in macchina con un paio di amici, sta viaggiando verso uno chalet di La Tuque, lo aspetta un fine settimana che si prospetta indimenticabile. Lo sarà, ma non nel modo in cui lui sogna.
(la ricostruzione è del Globe Mail)
L’amico alla guida perde il controllo dell’auto, che si ribalta. Lui, dopo qualche attimo privo di conoscenza, si risveglia disteso a terra, in un bosco. Ha la gamba destra incastrata sotto il veicolo. È fratturata, teme possa esserci un’infezione. Tra le ipotesi prese in considerazione, subito dopo il ricovero, c’è anche quella dell’amputazione.
L’intervento, nella sala operatoria di un ospedale di Montreal, dura dodici ore. Gli prelevano un muscolo dall’area superiore della gamba e lo usano per riparare la parte della caviglia gravemente deformata. Devono rimettere in sesto anche la doppia frattura composta del perone (Journal de Montreal). Passa tre mesi su una sedia a rotelle, altri due camminando con l’aiuto dei bastoni. Fa fisioterapia continua.
La caviglia rimane deforme, c’è una grande cicatrice a ricordare quel momento. Ma a Simon non importa. L’unica cosa che conta è riprendere a camminare, tornare in forma, andare in palestra, scendere dalla sedia a rotelle e sedersi su una panca a fare pesi.
Dieci mesi dopo l’incidente è in palestra ad allenarsi. Ce l’ha fatta.
Gli amici lo chiamano Grizzly, paragonandolo al gigantesco orso bruno. Lui sorride. Si allena, soffre, insiste, lotta. Entra nella squadra olimpica canadese. Va ai Giochi di Londra 2012. All’esordio olimpico batte Tony Yoka. Poi, nei quarti, cede al kazako Ivan Dychko.
A inizio 2013 viene arrestato, processato e condannato (per aggressione e minacce di morte) a dieci mesi da scontare in un centro di riabilitazione (fonte Globe Mail). Qualche tempo dopo viene fermato dalla polizia. Lo accusano di guida in stato di ebrezza e mancato rispetto dei due anni di libertà vigilata previsti dalla sentenza per il primo reato (fonte Journal de Montreal). L’ulteriore condanna è di trenta giorni di detenzione.
Esce e l’11 maggio 2014 torna a combattere dopo quasi due anni lontano dal ring. Batte Christophe Bernier ai punti, a Terrebonne. Poco tempo dopo chiude la prima parte della carriera, quella dilettantistica. Il suo record è di 54-15-0.
Il 6 novembre 2015 al Parc de l’Exposition a Trois Rivera, la città dove è nato, in Quebec (Canada), sale sul ring per l’esordio al professionismo. Sconfigge in meno di due minuti (kot 1) Balazs Bodo (1-0). Non si ferma più, mette in fila quindici vittorie consecutive per ko.
Oggi, 19 giugno 2023, otto anni dopo quell’esordio, ha un record di ventiquattro match. Ne ha vinti 23, ventidue volte ha chiuso prima del limite.
È un peso massimo dal pugno tosto, non mi sembra però in possesso di una grande tecnica. Quando attacca si scopre, sbraccia, si espone un po’ troppo platealmente ai colpi d’incontro del rivale. Ha un’azione macchinosa, la lentezza nel muovere le braccia non lo aiuta. Dovrebbe comunque avere sostanza nei colpi.
Ha sconfitto atleti di medio/basso livello, poi, nell’ultimo match, è arrivato Eric Molina.
Per carità, su con gli anni, in possesso di un record già macchiato da otto sconfitte (alcune contro nomi importanti tra i pesi massimi di oggi: Hrgovic, Joshua, Wilder; altre meno significative), ma pur sempre un uomo di esperienza, anche se ha perso cinque volte negli ultimi dieci incontri.
Insomma un test, nulla di più.
Kean lo supera, chiudendo con un successo per ko al settimo round.
La prima e unica sconfitta l’ha subita il 6 ottobre 2018. Knock out dopo 1:28 del quarto round contro Dillon Carman al Centre Videotron di Quebec. Cioè, dove disputerà il suo prossimo match il 19 agosto prossimo. Pochi mesi dopo, la pronta rivincita.

Il 9 settembre del 2022 è spettatore di un caso, credo, unico. Si combatte al Montreal Casino. L’arbitro è Martin Forest, l’avversario di Simon si chiama Newfel Quatah.
Gong, primo round.
Quatah si inginocchia subito, più o meno dopo un secondo. Alza il braccio destro in un atteggiamento a mezza via tra la resa e la protesta. L’arbitro inizia il conteggio, capisce subito che non è il caso. Quello di Quatah è un clamoroso gesto di contestazione nei confronti della Federazione Francese che gli ha negato l’assicurazione per il match (fonte boxrec).
Simon Kean, peso massimo canadese, la vita se la gode. Ed è convinto che le cose potranno andare solo meglio.
Sabato 19 agosto torna a combattere, lo fa all’interno di una riunione organizzata dalla Top Rank di Bob Arum. Il clou sarà il mondiale mediomassimi IBF, WBC, WBO tra Artur Berbetiev e Callum Smith.
Il protagonista di questa storia, quella sera affronterà Guido Vianello sulla distanza delle dieci riprese.

La storia del grande Nino Benvenuti.
La trovate su amazon.it

Lascia un commento