
In tempo di Olimpiade, lo sport più in voga è il cannibalismo.
“Il fenomeno insorge generalmente a causa di condizioni ambientali sfavorevoli, ma in molte specie è normale consuetudine” (cit. Enciclopedia Treccani),
Negli uomini, ad esempio. Viviamo in un mondo che invidia qualsiasi persona in grado di finire sui giornali o, meglio, in televisione. Pluriomicida ed eroe che salva bambini a rischio della propria vita vengono messi sullo stesso piano. Sono popolari. Vanno divorati. Non si sa mai che un briciolo di quella loro “fortuna” non si attacchi anche ai nostri corpi.
Accade così che un match di pugilato, sport decadente, si trasformi in un evento mondiale. Ali vs Foreman, Kinshasa 30 ottobre del ’74, festeggia il suo cinquantenario. Mezzo secolo per entrare definitivamente nella storia. Ad Angela Carini e Imane Khelif sono bastati quarantasei secondi.
“Quando il cittì Emanuele Renzini dice che Angela Carini si è ritirata perché tutta l’Italia pugilistica glielo ha chiesto, e pure il governo, diventa limpido come il cristallo che la vicenda della povera Imane Khelif è stata solo politica. È stata venduta sul mercato dell’informazione – con una superficialità ormai tipica – prima come transgender, poi come intersex, a un certo punto si è letto pure che è la vittima di una malattia. Quando la valanga è partita, nessuno si è lasciato sfiorare dall’idea che non sappiamo tutto, qualche volta non sappiamo niente. Ma un’etichetta prestampata va sempre bene per farci 50 righe al volo e prenotare il ristorante per la cena, che sarà mai la dignità di una persona.
L’Olimpiade è il paradiso dello sport, ma per un misterioso meccanismo diffuso nel mondo ormai incomprensibile dei giornali, i direttori ci mandano pure persone che non sanno distinguere una canoa da una carabina. Così quando dall’Olimpiade si leggono richieste allo sport di “definire in fretta regole chiare e valide per tutti e in tutti i contesti”, vien proprio voglia di rispondere che le regole sono già chiare e valide per tutti e in tutti i contesti. Il punto è che poi il mondo gira, la società cambia, l’umanità evolve. C’è soprattutto la politica con i suoi scherani, che un giorno si svegliano e mettono gli artigli sulle storie delle persone secondo i propri interessi. Sulle storie e sui corpi delle persone. Una volta è il corpo di una donna incinta, una volta il corpo di un malato terminale, una volta il corpo di una mezzofondista sudafricana, una pugile algerina, una nuotatrice americana. Sono corpi che spaventano.” (Angelo Carotenuto, Lo Slalom).
Jake Paul, il tizio che dice di fare il pugile e continua ad affrontare sul ring giocatori di basket, anziani lottatori, nani e ballerine, invita Angela Carini a partecipare negli States a una serata di pugilato gestita dalla sua organizzazione.
L’International Boxing Association, non poteva mancare, annuncia che premierà l’azzurra come se avesse vinto l’oro olimpico. Centomila dollari non si negano a nessuno.
Presidente del Consiglio, Presidente del Senato e via a scendere si tuffano su un problema di cui, probabilmente, ignorano contorni e regole.
Un gentile amministratore di una pagina Facebook mi informa che ha dovuto togliere un mio articolo sulla Carini perché aveva generato reazioni degne di una banda di ubriachi devoti alla setta dei bestemmiatori senza vergogna. Lui, che è una persona perbene, usa altre parole.
“Perché i commenti (naturalmente non per colpa del post) stavano travalicando ogni limite di decenza, diventando ingestibili e rischiando di provocare rotture insanabili.”
L’analfabetismo funzionale arriva secondo tra gli sport di giornata. Qualcuno legge e non capisce, altri non leggono neppure. L’unica cosa che conta è la loro opinione, le loro frasi messe assieme in un italiano sconnesso più di molte strade romane.
L’Olimpiade ha momentaneamente raggiunto quello che da tempo inseguiva. È tornata universale. Ma in che modo? Dirà qualcuno che ancora prova nostalgia per la ragione. Cosa volete che interessi a chi mischia la sacralità dell’atletica leggera alla breakdance? È la sintesi del mondo in cui viviamo.
Continueremo a divorare corpi umani fino a quando ne rimarrà solo uno, il nostro.
È quello che penseremo un attimo prima che l’ultimo cannibale ci rubi la vita.

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